IL Fondo Monetario internazionale detta un dietrofront all’Italia
Che l’Italia non navighi in belle acque lo sapevamo, ma ancora una volta le presunte visioni ottimistiche del Governo sono state sfatate.
Il Fondo Monetario internazionale ha stimato una crescita dello 0,7 per cento in meno rispetto alle classifiche dei mesi scorsi.
Va meglio invece per la Gran Bretagna che, nonostante la Brexit, registra un incremento del 1,5 per cento addirittura in più rispetto a prima.
Il ministro per l’economia Pier Carlo Padoan si dice stupito per la revisione al ribasso dettata dal Fondo Monetario Internazionale.
Secondo l’ economista Maurice Obstfeld il vero nodo al pettine per l’Italia è rappresentato dal sistema bancario.
Ma cos’è che davvero non va nel nostro sistema bancario?
Giuseppe De Lucia Lumeno, segretario generale dell’Associazione Nazionale Banche Popolari, non ha dubbi : “Le banche italiane hanno retto fin troppo bene, a differenza degli altri istituti di credito europei, perché non avevano i portafogli imbottiti di derivati. Il vero crollo è stato dettato dalle soluzioni non sempre sagge giunte da Bruxelles e da Francoforte: avere un italiano alla guida della Bce non si è dimostrato un vantaggio…”.
Mentre tutti i governi europei mettevano al riparo le proprie banche, in Italia si intraprendeva la strada dei prestiti con i famosi “Tremonti bond”, finanziamenti eccessivamente onerosi a cui far capo solo in caso di estrema necessità.
Nello stesso momento nascevano nuovi regolamenti internazionali, come “Basilea 3” e l’ “Unione Bancaria”.
In poche parole, sulla scorta delle nuove regole, alle banche viene imposto di assomigliare sempre di più a finanziarie di investimento anziché ad istituti di gestione del credito.
Ma allora, come se ne esce?
Per ridare un’altra chance all’economia italiana servirebbe una cosiddetta “bad bank”, una centrale in cui concentrare perdite ed incagli del sistema bancario, così come è stato fatto in Spagna. Ma qui siamo in Italia e si ragiona diversamente…