Curare la malattie cerebrali è diventato un gioco
Continuano a far parlare di sé, ma questa volta non si tratta di dare la caccia ad un Pokemon bensì di curare patologie cerebrali: i videogame, i giochi della tecnologia degli anni duemila, diventano fondamentali anche in campo sanitario.
La sorprendente scoperta grazie ad uno scienziato, neurologo e ricercatore americano – Adam Gazzaley – che da anni sta sperimentando i benefici apportati da determinati giochi interattivi sul cervello umano.
Alzheimer, autismo, deficit di attenzione hanno una stessa matrice: incapacità di concentrazione, scarsa memoria e problemi cognitivi.
“Questi i punti principali sui quali ci focalizziamo attraverso i nostri programmi”, spiega lo studioso statunitense, “e per farlo abbiamo elaborato uno speciale software in grado non solo di migliorare le condizioni psichiche dei pazienti ma di ridurre notevolmente l’avanzare della malattia”.
Così è nato un vero e proprio gioco terapeutico, denominato Project Evo.
Una straordinaria rivelazione, soprattutto perché a differenza delle tradizionali terapie farmacologiche Evo non ha alcun effetto collaterale e può essere adattato in base alle esigenze e capacità di chi lo usa grazie a differenti livelli di difficoltà, adeguandosi così alle specifiche patologie.
“Inoltre abbiamo constatato”, continua, entusiasta, Adam Gazzaley, “come attraverso la conquista di punteggi e livelli di difficoltà graduali si innesca nel paziente una sorta di risposta motivazionale che spinge a migliorare le proprie prestazioni giovando all’intero sistema nervoso”.
Come tutte le altre cure, questo videogioco terapeutico è stato validato clinicamente e il fondatore assicura che se ne sentirà parlare molto. Parola di scienziato…